La comunicazione per un caregiver riveste un ruolo fondamentale all’interno della quotidianità. Saper comunicare correttamente, per capire e farsi capire al meglio, per esempio con un soggetto affetto da patologie di ambito cognitivo rappresenta un punto di forza imprescindibile. Ed è con questo obiettivo che la Residenza Korian Heliopolis di Binasco (MI) ha iniziato con i Gruppi ABC un percorso di approfondimento per sensibilizzare la comunicazione con gli anziani affetti da demenza, tenuto dalla Dottoressa Divina Regina.

I gruppi ABC sono gruppi di auto-aiuto che si basano sull’approccio capacitante di Pietro Vigorelli, e si fondano sull’assunto che la demenza sia una malattia della parola. Si basano su 12 passi che caratterizzano i temi degli incontri con l’obiettivo di fornire ulteriori competenze al familiare e porre l’attenzione sulla parola e sulla comunicazione.

A presentarci gli obiettivi, le modalità e le finalità di questa interessantissima iniziativa è stata proprio la Dottoressa Divina Regina, che ringraziamo per la preziosa collaborazione. Un contenuto nel quale potrete trovare accorgimenti utili da adottare, spunti di riflessione, e strategie che possono arricchire la cassetta degli attrezzi del familiare della persona affetta da demenza che ogni giorno affronta queste difficoltà.

Che cos’è la demenza e perché spaventa?

La demenza è una malattia neurodegenerativa che colpisce secondo i dati dell’OMS, oltre 55 milioni di persone: una delle principali cause di disabilità e non autosufficienza tra le persone anziane, rendendo l’assistenza e la cura sempre più difficile e impegnativa.  È la malattia dell’intera famiglia, che stravolge i ritmi e inverte i ruoli. Circa la metà delle persone affette da demenza in Italia viene infatti assistita in casa e spesso le famiglie non hanno gli strumenti e le informazioni giuste per poterla gestire ed affrontare.

La diagnosi paralizza perché non ha cura e non ha soluzione, con il familiare che si sente impotente di fronte ai cambiamenti repentini del proprio caro e alla difficoltà di non riconoscerlo più e non capirlo; d’altro canto, la persona ammalata si sente incompresa e incapace.

Mia mamma è sparita” dice un familiare durante un incontro di auto-aiuto e aggiunge: “i primi tempi non la capivo, non la riconoscevo più e mi arrabbiavo con lei, non poteva vestirsi in quel modo, lei che era sempre stata elegante, la rimproveravo perché la volevo come prima e ora, ripensandoci, mi sento terribilmente in colpa”.

È possibile superare tutti insieme la malattia?

Come si fa allora ad evitare tutto ciò? Come si fa a stare bene insieme nonostante tutto? Pietro Vigorelli, promotore dell’approccio capacitante, non a caso parla di uscire dal tunnel dell’impotenza per raggiungere una felicità possibile. Il suo approccio è una modalità relazionale che mira a riconoscere le competenze elementari (competenza a parlare, comunicare, contrattare ed emotiva) alla persona affetta da demenza e creare una convivenza felice con il familiare tramite quelli che chiama 12 passi che riassumeremo più avanti. Permettere ciò fa sentire la persona con demenza capace e non sbagliata, rendendola felice di fare ciò che fa e come lo fa nell’ambiente in cui si trova.

Concretamente come si fa nella quotidianità?

Uno degli aspetti più invalidanti della malattia è legato ai disturbi comportamentali (BPSD), aggressività verbale e/o fisica, apatia, disinibizione, ansia o depressione; sono soprattutto questi a rendere più difficile la gestione al domicilio e a provocare maggiore sofferenza nel familiare. Capire che in parte questi comportamenti sono manifestazioni di malessere e che possono volerci comunicare qualcosa è utile per sentirsi meno impotenti. Non considerarli solo come prodotto di un “io” malato ma piuttosto espressioni dell’io sano, riuscire a vedere nuovamente il proprio caro dietro la malattia è forse un primo passo per la felicità possibile di cui parla Vigorelli. Lavorare in particolare sulla comunicazione può aiutare il familiare a gestire meglio questi disturbi, facendolo sentire meno solo e sbagliato. Se l’obiettivo rimane quello di stare bene nella relazione sarà più facile applicare nella vita di tutti i giorni alcuni accorgimenti. Il familiare mentre si occupa del caro affetto da demenza nell’igiene personale, nella vestizione, nella somministrazione della terapia farmacologica e della sua alimentazione dovrebbe provare a non sostituirsi del tutto a lui, provare a far emergere alcune capacità residue e a coinvolgerlo laddove possibile accettando anche l’errore e sforzandosi di non correggerlo. Questo aiuterà la persona affetta da demenza a sentirsi ancora utile con un impatto positivo sull’umore.

L’importanza dei dettagli: ascolto e consapevolezza

Accettare l’altro significa anche capire che alcune competenze e alcune conoscenze purtroppo sono state compromesse dalla malattia. È importante quindi porre attenzione alle domande che si pongono per non metterlo in difficoltà, in quanto facendogli tanti quesiti chiusi lo mettiamo di fronte alle sue incapacità, ai suoi vuoti di memoria, provocheremmo solo ansia, rabbia o chiusura.  Piuttosto fare un passo indietro e ascoltarlo nella sua rabbia, nel suo entusiasmo, nella sua tristezza, nella sua storia raccontata male e probabilmente mai successa, ascoltare quindi le sue emozioni e le sue richieste (anche quelle apparentemente assurde) riconoscerle e legittimarle sempre anche solo con i gesti (Vigorelli P., 2010).

Dall’altra parte, una persona con deficit cognitivi ha bisogno che la conversazione avvenga con frasi semplici e rispettando i suoi tempi. L’anziano con demenza ha dei tempi diversi, più lenti e rispettarli anche nelle pratiche di tutti i giorni aiuta ad ottenere una maggiore collaborazione dello stesso. Tutto ciò, che riconosciamo non sia facile, ha alla base un passo ancor più difficile ma più importante, accettare la persona per quella che è, che è diventata e diventerà.

Un altro aspetto da non trascurare nella quotidianità è l’ambiente, sia quello esterno che quello interno. Spesso nelle ore pomeridiane aumentano i disturbi comportamentali, viene chiamato effetto tramonto, il calar del sole fa diminuire la luce, i colori sono più tenui, i confini meno chiari, la persona affetta da demenza perde i suoi punti di riferimento e si sente smarrita, aumenta l’ansia, l’irritabilità, l’aggressività o i deliri, è importante quindi tenere la luce accesa, promuovere l’orientamento scandendo la giornata e creando una routine. L’ambiente interno dovrebbe essere di aiuto per l’orientamento spaziale con indicazioni chiare sulle varie stanze, i colori delle pareti potrebbero aiutare, inoltre rendere gli spazi più sicuri aiuterebbe a facilitare il movimento della persona con demenza senza dover per forza limitarlo, provocandogli frustrazione.

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